Il tumore del polmone come paradigma della medicina multidisciplinare.
Due giornate intense, dense di contenuti scientifici e visioni operative, si sono svolte a Cuneo il 15 e 16 maggio scorsi presso lo Spazio Incontri della Fondazione CRC, nell’ambito del convegno dedicato al carcinoma polmonare. Un evento fortemente voluto dalla dott.ssa Ida Colantonio e dalla dott.ssa Stefania Martini, rispettivamente dell’Oncologia, diretta dal dott. Gianmauro Numico, e della Radioterapia, diretta dalla dott.ssa Anna Merlotti, dell’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo. L’equipe cuneese ha saputo radunare alcuni dei maggiori esperti italiani nella gestione del tumore del polmone, per offrire ai professionisti sanitari della provincia – ospedalieri e territoriali – un’occasione concreta di aggiornamento, confronto e crescita condivisa.
L’obiettivo dichiarato fin dall’inizio è stato chiaro: trasformare Cuneo, spesso considerata geograficamente “periferica”, in un centro vivo di scambio e dialogo clinico. Come ha ricordato il dott. Livio Tranchida, intervenuto tra le autorità in apertura, «questo congresso vuole essere un messaggio di apertura: non si cura da soli, e oggi più che mai serve condividere linguaggi, criteri e strategie». La forza di questa iniziativa è stata proprio la capacità di portare sullo stesso piano il sapere iperspecialistico e le esigenze della pratica quotidiana, mettendo in rete chi lavora negli ospedali di riferimento, nei distretti sanitari e nei presìdi territoriali.
Ad aprire i lavori scientifici è stata la prof.ssa Silvia Novello, Università di Torino, con una lettura che ha delineato l’evoluzione epidemiologica del tumore polmonare, evidenziando l’urgenza di promuovere screening strutturati e di riconoscere precocemente i soggetti a rischio, soprattutto tra le donne e i forti fumatori. Nei successivi interventi, il prof. Umberto Malapelle, Università Federico II di Napoli, ha illustrato le potenzialità della caratterizzazione istologica e molecolare, mostrando come tecnologie come la biopsia liquida e il sequenziamento genico (NGS) siano ormai imprescindibili per definire terapie personalizzate.
Ha seguito la sessione “NSCLC: inquadramento diagnostico e algoritmi decisionali”, che ha permesso di analizzare gli strumenti diagnostici fondamentali per la gestione precoce della malattia. Il dott. Marco Colmo ha aperto la sessione con una panoramica sulle tecniche di stadiazione mediastinica e sull’importanza dell’endoscopia eco-guidata. Il prof. Marco Calandri, intervenuto in sostituzione del prof. Fonio, ha approfondito l’approccio interventistico e l’uso dell’intelligenza artificiale in radiologia, con particolare riferimento alla gestione dei noduli ground glass. Il dott. Andrea Bianchi ha infine delineato il ruolo della PET nel processo diagnostico, chiarendo i limiti e le indicazioni più appropriate per il suo utilizzo clinico. Una sessione tecnica ma concreta, con immediati riflessi pratici nella gestione diagnostica territoriale.
A seguire, la sessione “NSCLC localmente avanzato non chirurgico” ha visto la partecipazione congiunta del dott. Paolo Borghetti, della dott.ssa Serena Badellino, del prof. Paolo Bironzo e del prof. Andrea Filippi, che hanno affrontato in maniera integrata le strategie terapeutiche nei casi non operabili: dalla chemio-radioterapia concomitante all’immunoterapia di consolidamento. Una discussione densa di dati ed esperienze cliniche, utile a delineare percorsi praticabili anche in ambito ospedaliero provinciale.
La mattinata della seconda giornata ha visto protagonisti tre relatori di rilievo: la dr.ssa Gloria Borra, Università del Piemonte Orientale di Novara, il prof Carlo Genova, Università di Genova, e il dott. Federico Mazza, che hanno discusso il trattamento multimodale del NSCLC resecabile, confrontandosi su approcci specifici per pazienti con mutazioni genetiche e sui criteri decisionali che guidano i team multidisciplinari nei casi borderline.
Un momento particolarmente significativo è stato l’intervento del dott. Giacomo Aimar, che ha centrato la sua relazione su un tema troppo spesso sottovalutato: la valutazione e gestione dei sintomi nei pazienti ambulatoriali e nei casi d’urgenza. Aimar ha proposto una riflessione concreta sulla necessità di leggere correttamente i segni clinici precoci, spesso sfuggenti, e ha posto l’accento sull’importanza di rendere il primo approccio al paziente oncologico più efficace, meno frammentato, più integrato. Le sue parole hanno avuto una forte eco nel dibattito successivo, dove sono intervenuti con contributi molto rilevanti la dott.ssa Simonetta Miozzo, che ha messo in luce i limiti organizzativi nei percorsi urgenti, e il dott. Giuseppe Lauria, direttore del reparto di emergenza dell’Ospedale di Cuneo, che ha richiamato la necessità di includere pienamente il pronto soccorso nei percorsi oncologici. Lauria ha sottolineato come l’urgenza non possa più essere solo “filtro”, ma deve diventare nodo attivo nella rete della diagnosi precoce, soprattutto per una patologia che si manifesta spesso in modo subdolo come il tumore del polmone.
Ampio spazio è stato dato anche agli aspetti chirurgici e radioterapici. Le relazioni raccolte nella sessione chirurgica hanno dimostrato come, con le tecniche mini-invasive e robotiche, sia oggi possibile evitare interventi demolitivi come le pneumonectomie, anche dopo trattamenti neoadiuvanti. La chirurgia toracica moderna è capace di affrontare casi complessi con precisione, preservando funzione e qualità di vita.
A chiudere i lavori, due interventi di grande spessore: il prof. Francesco Grossi, Oncologia di Varese, con una riflessione sulle implicazioni economiche e organizzative delle nuove terapie – «curare bene non significa curare di più, ma curare meglio» – e la prof.ssa Sara Ramella, Università Campus Biomedico di Roma, che nella sua lectio conclusiva ha tracciato le prospettive future in ambito oncologico, richiamando l’importanza del lavoro in rete, della flessibilità dei percorsi e della centralità del paziente.
Take home messages
Il convegno ha evidenziato in modo chiaro che il tumore del polmone non è solo una sfida clinica, ma un paradigma di lavoro multidisciplinare. Le evidenze presentate hanno mostrato che:
- la diagnosi precoce e lo screening restano cruciali, ma sottoutilizzati: i medici di famiglia e i distretti devono essere motori di attivazione;
- la biologia molecolare non è più appannaggio dei centri universitari, ma deve diventare pratica corrente anche nei centri provinciali;
- la stadiazione accurata e invasiva è imprescindibile per selezionare il trattamento più appropriato;
- i percorsi chirurgici e radioterapici devono mirare a soluzioni efficaci ma conservative, valorizzando tecnologie avanzate;
- il pronto soccorso va riconosciuto come punto d’accesso strategico nella rete oncologica, specie per una malattia che si manifesta spesso in urgenza;
- servono GIC realmente multidisciplinari, con partecipazione attiva di ogni specialista coinvolto: pneumologi, oncologi, radiologi, medici nucleari, patologi, chirurghi, medici dell’urgenza;
- la sostenibilità dei trattamenti non può prescindere dall’appropriatezza: l’equilibrio tra innovazione terapeutica e responsabilità organizzativa è un dovere etico.
Il tumore del polmone, con la sua complessità biologica e organizzativa, insegna a lavorare insieme. E Cuneo, con questa iniziativa, ha dimostrato di poter essere un esempio virtuoso per il futuro dell’oncologia territoriale.