
Leonardo Lucarini
Il contributo dei dottori Maurizio Roberto e Federica Lombardo (pubblicato sul precedente numero del notiziario) ci ha permesso di conoscere in modo chiaro e dettagliato l’attivazione, presso l’Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle di Cuneo, del programma di donazione controllata a cuore fermo (cDCD), una procedura avanzata che amplia significativamente il potenziale donativo, offrendo nuove opportunità di trapianto a molti pazienti in attesa.
L’articolo ha evidenziato le caratteristiche cliniche, tecniche e organizzative di questo percorso, nonché la delicatezza del ruolo svolto dai sanitari nel garantire un accompagnamento rispettoso e consapevole dei pazienti e dei loro familiari in momenti di massima vulnerabilità. Tale scenario, innovativo e complesso è approfondito dalle riflessioni del Antonio Prof. Rimedio, bioeticista, che si sofferma sui presupposti valoriali di questa pratica, sulla “regola del donatore morto”, sulla rilevanza del consenso consapevole e sul significato più profondo della donazione come espressione di solidarietà umana e responsabilità civile. L’autore, inoltre, richiama l’attenzione su uno dei nodi più delicati del protocollo cDCD: l’avvio anticipato di manovre come l’infusione di eparina, prima dell’accertamento formale della morte. Un tema che invita a mantenere vivo un confronto trasparente e continuo tra clinici, eticisti e società civile.
Un dialogo tra etica e clinica, pertanto, non solo arricchisce la comprensione di queste tematiche, ma è anche necessario per accompagnare in modo responsabile l’evoluzione della medicina nei suoi risvolti più delicati.
Dott. Leonardo LUCARINI
Coordinatore della Commissione Bioetica e Deontologia
Valori etici sottesi alla donazione controllata a cuore fermo
La “controlled Donation after Cardiac Death” (cDCD)¹ prevede la donazione degli organi a cuore fermo (criterio cardiocircolatorio) da parte di pazienti che muoiono nelle strutture sanitarie (prevalentemente in Terapia Intensiva), per questo è detta donazione “controllata” o attesa. Il criterio cardiocircolatorio si applica anche alla fattispecie di morte “non controllata” (inattesa) di pazienti che muoiono per eventi improvvisi e irreversibili (intra o extra ospedalieri) dopo un tentativo di rianimazione effettuato dal team medico. L’importante incremento del numero di organi utilizzati con successo è rappresentato dal sistematico utilizzo delle tecniche della perfusione regionale normotermica (NRP) del donatore, associata all’utilizzo di macchina per la perfusione degli organi dopo il prelievo, durante il trasporto e prima del trapianto.
I valori etici sottesi a tale programma sono gli stessi valori della pratica dei trapianti: la solidarietà e l’autonomia impliciti all’atto di donazione; il rispetto della dignità del paziente morente, che trova un seguito nel rispetto del cadavere durante le operazioni di prelievo degli organi; la non-maleficenza, ovvero l’attenzione dei clinici a non arrecare un danno o una maggiore sofferenza al malato nel corso del processo di morte in occasione della fase di preparazione; la partecipazione umana al lutto dei familiari.
L’etica del dono
Generalmente si parla di “consenso” alla donazione degli organi, ma tale consenso, preceduto da adeguata informativa, non obbedisce alla logica del “consenso informato”, bensì alla logica del dono. La persona, in modo consapevole, dispone in modo del tutto disinteressato che, dopo la morte, i suoi organi possano essere utilizzati per dare la possibilità di salvezza ad un’altra persona in attesa. È un atto che, senza comportare oneri di rilievo per il donatore, lo coinvolge in una solidarietà umana che contribuisce a dare un senso aggiuntivo al suo morire. Può essere di conforto pensare che la propria morte potrebbe comportare la salvezza per un’altra persona.
La decisione di limitazione/sospensione dei trattamenti
Nel programma cDCD il momento di maggiore criticità, sul piano etico, è rappresentato dalla decisione della limitazione/sospensione dei trattamenti, che avviene in base ai criteri di futilità e non-appropriatezza clinica, ma anche di non-proporzionalità². Quest’ultimo si applica quando il trattamento di sostegno vitale, pur essendo ancora efficace sul piano meramente clinico, non è accettato dal malato perché troppo gravoso. La sospensione dei trattamenti intensivi è un momento delicato, perché può suscitare conflitti sia all’interno dell’équipe di cura, sia nei rapporti con i familiari più stretti del malato. Sul piano clinico tale decisione può essere supportata da una second opinion e da consulenza etica, laddove è attivo questo servizio ospedaliero. Tuttavia la decisione potrebbe risultare meno gravosa in presenza di volontà anticipate, espresse tramite le DAT o, meglio ancora, con una pianificazione condivisa delle cure (PCC), secondo quanto previsto dalla legge 219/2027, artt. 4 e 5.
La regola del donatore morto (dead donor rule) e il no touch period
Il principio etico di base prevede che il prelievo degli organi deve essere “conseguenza” e non “causa” della morte del donatore. Questa certezza deve essere trasmessa al più vasto pubblico, per diradare ogni sospetto. La legge prevede l’indipendenza tra la l’équipe medica che accerta la morte e l’équipe medica che effettua il prelievo degli organi. Il criterio di morte vigente in Italia è quello cerebrale: «La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo» (Legge 29 dic. 1993, n. 578, art. 1). L’accertamento della morte cerebrale prevede EEG registrato per trenta minuti e ripetuto per due volte, all’inizio e fine del periodo di osservazione, che è di 6 ore. Tuttavia, il programma cDCD si avvale del criterio cardiocircolatorio, perché parte dalla constatazione del cuore fermo e della mancanza del respiro. Gli organi, non più perfusi, cervello compreso, sono destinati ad un deterioramento irreversibile nel lasso temporale di circa 8-12 minuti. In sintesi, la morte deve essere intesa come un “processo” di cui l’arresto delle funzioni cerebrali o del cuore possono essere alternativamente l’inizio e la fine, in base alle cause di morte.
Ai fini del prelievo degli organi, l’accertamento della morte con standard cardiaco deve essere effettuato, ai sensi del D.M. 11 aprile 2008, con ECG protratto per non meno di 20 minuti, durante i quali il corpo del defunto non viene “toccato” con manovre di prelievo (no touch period). In Italia il periodo di 20 minuti è di gran lunga superiore a quello previsto dalla normativa o dalle linee guida vigenti in altri Paesi (5-10 minuti). Per questa ragione qualche membro del Comitato Nazionale per la Bioetica ha espresso la proposta di riconsiderare sul piano normativo il periodo di attesa³. A parere dello scrivente, in questo momento storico è opportuno mantenere la durata dei 20 minuti, per evitare polemiche o dubbi che risulterebbero di estremo danno ai fini della donazione degli organi.
II principio di autonomia: l’importanza dell’informazione
La donazione degli organi acquista tutto il suo valore etico se viene fatta in modo consapevole. Tuttavia non è semplice parlare di morte nella nostra società. Ad es., le DAT sono state presentate solo da una piccola minoranza della popolazione interessata (si parla di circa il 2,5-3%). Data la complessità delle informazioni di tipo tecnico, occorre far passare messaggi semplici ed essenziali: ad es., l’importanza di esprimere la volontà di donare nelle forme previste da legge (specificando tali modalità); l’efficacia della donazione nel salvare la vita dei malati in attesa; la garanzia che gli organi vengono prelevati dopo la dichiarazione di morte, le principale tecniche di perfusione degli organi. Un’informazione equivoca o sbagliata è destinata a procurare danni duraturi nel tempo. Brevi opuscoli illustrati potrebbero risultare più efficaci di molte parole. Non sarebbero da escludere i social, con il rinvio a documenti pubblicati su fonti attendibili, come il Centro Nazionale dei Trapianti (https://www.trapianti.salute.gov.it).
In assenza di esplicite dichiarazioni vengono interpellati i familiari, nell’ordine precisato dalla normativa, in merito ad una loro “non opposizione”. I familiari non sono chiamati ad esprimere una loro opinione, ma devono rendersi portavoce della volontà del familiare defunto. Tuttavia non è opportuno lasciare ai familiari questa decisione, in un momento di grande difficoltà emotiva. Pertanto è opportuno affrontare il tema tra familiari stretti in un momento di sereno dialogo, perché l’evento della morte potrebbe anche essere improvviso. Se i familiari sono certi della volontà di donazione del congiunto, può essere di conforto per loro dare una risposta positiva.

Prof. Antonio Rimedio
Il programma cDCD prevede che la volontà donativa sia nota all’équipe di cura prima della sospensione delle terapie di supporto vitale, perché in previsione della morte imminente vengono attuate manovre di predisposizione del corpo, improntate al principio di proporzionalità, che si traduce nel garantire il minimo rischio per il paziente morente per ottenere il miglior esito dalla donazione. Tra le manovre previste abbiamo l’infusione di eparina, per evitare coaguli sangue con esiti ischemici che comprometterebbero l’integrità degli organi durante il tempo di osservazione. Questo passaggio ribalta inevitabilmente il principio che esclude di parlare di donazione prima della morte accertata.